Ucciso ma non torturato, le “belle” parole del macellaio Arian Thibormery
È chiaro che se fai il macellaio per scelta o tradizione familiare devi essere anche un poeta, lo richiede la professione, prima di tagliare la gola a un vitello un po’ di fraseggio poetico ci sta tutto!
Ecco la perla filosofica del macellaio “umano”:
“La morte fa parte della vita. Credo che riuscire ad ammetterlo e riconoscerne l’importanza, senza cercare di ricacciarla in un angolo buio e farla sparire, ci renda molto più umani”.
Profondità leopardiana del macellaio Arian, che la morte faccia parte del ciclo della vita, lo sanno anche i sassi, c’è solo un piccolo particolare, che per ciclo della vita s’intende di morte naturale e non di morto ammazzato.
Parlare in questi termini di vita, che in questo caso lo stesso macellaio non fa distinzioni tra animali e uomini, pone un serio interrogativo, in altre parole che secondo la sua visione malata della vita e morte, possiamo anche accettare il fatto che gli uomini possono morire ammazzati (non che non avvenga intesi), poiché lo stesso macellaio applica questa regola per togliere la vita agli animali che poi macella definendo quella delle sue vittime “vita”.
È errato parlare di vita riferendosi a un animale se questa poi è tolta per fini commerciali e alimentari, almeno abbiate il coraggio di non chiamarle vite, poiché le spezzate per il vostro comodo economico, chiamatele solo bestie perché è così che in fondo le considerate!
Tutto alla luce del sole
Nel macello di Arian Thibormery avviene tutto alla luce del sole, entrano animali vivi ed escono bistecche, chiunque può assistere allo “spettacolo” raccapricciante di come si realizzano le succulente braciole.
Che bel posto deve essere questo macello, e che cultura uno si può fare entrando in luogo dove budella e sangue corrono a fiumi. Questa è la dimostrazione che l’orrido ha un certo fascino e riesce a sedurre molte menti, sicuramente malate!
Via: www.dissapore.com
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